Eccoci ancora una volta a parlare con una delle cicliste piu' forti di sempre, Edita Pucinskaite, che l'altra volta ci ha fatto rivivere l'emozione della sua vittoria al Tour de France.
Buongiorno Edita, ci
eravamo lasciati all'impresa del '98, quando contro tutti i
pronostici hai strappato il Tour alla grande favorita Fabiana
Luperini. Questo fu solo l'inizio di grandi vittorie, come il
Mondiale dell'anno dopo…
Si,
era a Verona, in Italia, la mia nuova casa e volevo vincere a tutti i
costi. Il percorso
era
particolarmente adatto alle mie caratteristiche, quindi
partivo da favorita. Questo fatto però rendeva tutto più difficile,
perchè quando non ci sono
aspettative, corri senza
pressioni (ma non era questo
il caso) e inoltre
quel giorno era
il compleanno di mio padre, che insieme al resto della famiglia mi
aspettava al traguardo e ovviamente
io non volevo deluderlo. In
salita staccai tutte e tagliai
da sola
il
traguardo. Fu bellissimo, mio
padre scavalcò le transenne e corse ad abbracciarmi!
Il tuo rapporto con
il Giro d'Italia invece fu più complicato, vero?
Fu una storia tormentata: dopo Tour e Mondiale, volevo anche il
Giro ma più lo inseguivo più mi sfuggiva. La beffa più grande fu
nel 2003, quando finalmente riuscii
a indossare la
Maglia Rosa e staccai di due minuti la mia rivale, la svizzera Nicole
Brandli;
sembrava ormai fatta ma l'ultimo giorno persi la cronometro e lei
vinse
il Giro. Ci rimasi malissimo:
solitamente
dopo una sconfitta reagivo e tornavo a lavorare ancora più duramente
ma questa delusione fu difficile da mandar giù.
Ma
poi venne il tuo momento…
Si,
nel 2006 ebbi la mia rivincita e proprio sulla Brandli!
Questa
volta, all'ultima tappa, era lei in
Maglia Rosa, e fui io a strappargliela in
occasione della cronometro.
Nella
storia del ciclismo, la vittoria nell'ultima
frazione
è avvenuta
una volta sola nel maschile e due nel
femminile. L'anno dopo vinsi nuovamente il Giro.
Adesso
parlaci di un momento molto particolare nella vita di uno sportivo,
il
momento
in cui hai
deciso di ritirarti.
Era
il 2010 e fu una decisione molto serena, avevo 35 anni e potevo
correre per ancora un paio di anni, ma non era più quello che
volevo; sentivo che era arrivato il momento
di
chiedere altro alla vita: volevo avere dei bambini e godermi la bici,
pedalare tranquilla, senza l'assillo di rispettare le tabelle di
allenamento e i tempi.
Noi di Tuscany Ride a Bike vi abbiamo raccontato la storia sportiva di questa grandissima campionessa, che in futuro tornerà a parlare del mondo del ciclismo femminile, di come si prepara una gara e del modo in cui adesso stia aiutando le giovani cicliste a diventare sempre più forti.